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Marziani o missionari?


Il Pci, agli inizi del 1977, lanciò la linea dell’ “austerità”. Non mi pare che il suo appello sia stato accolto con favore dalla classe operaia, dai lavoratori, dagli stessi militanti del partito. Forse, quando lei ha ricordato che il vostro rapporto con le masse si era indebolito, pensava al fallimento della vostra campagna per l’austerità e a certi provvedimenti impopolari da voi sostenuti?
«Noi sostenemmo che il consumismo individuale esasperato produce non solo dissipazione di ricchezza e storture produttive, ma anche insoddisfazione, smarrimento, infelicità e che, comunque, la situazione economica dei paesi industrializzati – di fronte all’aggravamento del divario, al loro interno, tra zone sviluppate e zone arretrate, e di fronte al risveglio e all’avanzata dei popoli dei paesi ex-coloniali e della loro indipendenza – non consentiva più di assicurare uno sviluppo economico e sociale conservando la “civiltà dei consumi”, con tutti i guasti, anche morali, che sono intrinseci ad essa. La diffusione della droga, per esempio, tra i giovani è uno dei segni più gravi di tutto ciò e nessuno se ne dà realmente carico. Voglio cogliere l’occasione di questa intervista per annunciare che il nostro partito ha deciso di fare della questione della lotta contro la droga uno dei punti essenziali del suo impegno politico e organizzativo.
«Ma dicevamo dell’austerità. Fummo i soli a sottolineare la necessità di combattere gli sprechi, accrescere il risparmio, contenere i consumi privati superflui, rallentare la dinamica perversa della spesa pubblica, formare nuove risorse e nuove fonti di lavoro. Dicemmo che anche i lavoratori avrebbero dovuto contribuire per la loro parte a questo sforzo di raddrizzamento dell’economia, ma che l’insieme dei sacrifici doveva essere fatto applicando un principio di rigorosa equità e che avrebbe dovuto avere come obiettivo quello di dare l’avvio ad un diverso tipo di sviluppo e a diversi modi di vita (più parsimoniosi, ma anche più umani). Questo fu il nostro modo di porre il problema dell’austerità e della contemporanea lotta all’inflazione e alla recessione, cioè alla disoccupazione. Precisammo e sviluppammo queste posizioni al nostro XV Congresso del marzo 1979: non fummo ascoltati. Né il Pci, né il movimento sindacale trovarono l’interlocutore politico che raccogliesse e utilizzasse quel messaggio…».

Che oggi, comunque, voi avete abbandonato addirittura in contrasto con una parte del movimento sindacale e dello stesso Lama.
«Favole. Oggi noi respingiamo – in pieno accordo con il movimento sindacale – l’idea che l’inflazione sia dovuta unicamente al costo del lavoro e che il costo del lavoro sia principalmente dovuto alla scala mobile. È diventata una vera ossessione questa della scala mobile, dietro la quale la classe dirigente tradizionale nasconde la sua impotenza a dominare la crisi».